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sito dedicato ai meccanismi che muovono la politica e che i politici preferirebbero nascondere. A cura di Giovanni Genovesi

2.1. Quante forme di governo

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Non daremo una risposta esaustiva a questa domanda perché, se badassimo a come si sono nominate le forme possibili nei diversi Paesi del mondo, dovremmo elencare una serie lunghissima in cui riccorrono, intrecciandosi variamente tra loro, gli appellativi: presidenziale, democratica, repubblicana, parlamentare, consolare, islamica, comunista, socialista, federale, costituzionale, monarchica, assolutistica, eccetera eccetera(1).

Così facendo finiremmo per parlare di etichette che spesso non corrispondono alla realtà dei fatti, basti l'esempio della Repubblica Popolare Cinese, il cui nome nega la sostanza dei soprusi contro i suoi stessi cittadini compiuti dal potere totalitario dell'apparato di partito(2).

Partiamo piuttosto da quello che può dirsi il punto di partenza di ogni discorso politico, il cosiddetto logos tripolitikos di Erodoto, in cui il padre della scienza storica metteva in bocca a tre viaggiatori le considerazioni sulle forme di governo conosciute allora, ed alle quali possono essere ricondotte tutte quelle venute poi. Senza approfondire quanto scritto da Erodoto, cui rimandiamo i più curiosi, sintetizziamone la sostanza: alla base il governo di una società può essere classificato come: di uno solo, di pochi o di molti. Per ognuno di questi casi vi sono una forma buona ed una cattiva, a seconda dei benefici che ne derivano ai governati; abbiamo così le seguenti coppie: monarchia-tirannide se il potere è retto da un solo individuo, aristocrazia-oligarchia quando comanda un gruppo ristretta e separata dal resto dei governati, democrazia-demagogia   quando tutto il popolo partecipa a vario titolo e con diverse modalità alla gestione dello Stato.

Nel logos i dibattenti parteggiavano ognuno una forma di governo, senza però giungere ad un risultato conclusivo su quale fosse la migliore, per tutte poteva prevedersi una degenerazione verso il suo lato negativo: la monarchia poteva diventare tirannide, e via dicendo. In fondo queste trasformazioni potevano avvenire per un motivo capace di minare, restando sempre uguale, il più perfetto dei governi: la brama di potere, la tentazione di chi comanda a non cedere più ad altri il potere ottenuto, la mancanza di un sistema di regole capace di prevenirla, l'inerzia dei cittadini nel contrastarla (vuoi per malriposta fiducia o per presupposta convenienza).

Tra le varie forme di governo, quella che più possibilità ha di difendersi dalla brama di potere dei governanti è di sicuro la democrazia, per il semplice fatto che in essa la concorrenza per la conquista ed il mantenimento del potere, avvenendo tra un grande numero di contendenti, rende abbastanza improbabile che un singolo o pochi profittatori monopolizzino la gestione dello Stato.(3)

Tuttavia ciò che ci deve interessare è sì, in certe misura, la particolare forma di governo scelta dai politici per uno Stato, ma decisamente di più si deve fare attenzione a che i meccanismi istituzionali, a qualunque tipo di governo vengano adattati, non permettano ai governanti di turno di fare troppo danno né con la loro incapacità, né con la tentazione di fare i furbi, ma rendano chiaro piuttosto come si sia tutti (un tutti che ormai va allargandosi all'intero pianeta) insieme sulla stessa barca(4). Ma, ribadiamolo sempre, precondizione indispensabile allo sviluppo di validi anticorpi contro i disonesti è il solito informarsi e partecipare.

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NOTE
(1) Il filosofo Karl Popper, a questo riguardo, offre un'opzione ancora più semplificativa, ma proprio per questo forse più capace di rappresentare il contesto di massima sul quale ci si confronta. Secondo lui le forme di governo sono fondamentalmente due: quella in cui i governati possono sostituire i governanti con metodi incruenti (seguendo le regole dello stato di diritto) e l'altra in cui tale possibilità non c'è, l'unico modo restando quello di un sommovimento sregolato (e magari anche sanguinoso, come quando vi è una rivoluzione o una guerra). (torna al testo)
(2) Cercherò di essere più chiaro riguardo al problema delle etichette riportando una similitudine. Fate conto che voi ed il vostro interlocutore sappiate riconoscere l'acqua ed il vino. Viene stappata di fronte a voi una bottiglia etichettata come vino ma contenente dell'acqua: se voi vi curate solo dell'etichetta, mettendo da parte quel che si sa sulle differenze tra l'acqua ed il vino, potreste esser tentati di giudicare quel che state bevendo come un pessimo vino; se invece andate alla sostanza, non vi lamenterete del vino, visto che riconoscete trattarsi di acqua, ma mostrerete disappunto verso chi vi ha fatto lo scherzo di etichettarla in modo improprio. Per un caso tipico, oltre quello del testo sopra, vedi alla parte 1.4. (torna al testo)
(3) Durante la scrittura di questa parte si è purtroppo sorvolato sulla definizione di stato di diritto, ora temporaneamente inserita alla parte 2, che si configura come un caso più generale sul quale fondare democrazie e repubbliche (che poi, tornando di nuovo sul problema delle etichette, sono termini praticamente equivalenti ma l'uno proveniente dal greco e l'altro dal latino. (torna al testo)
(4) Importanti a questo proposito sono alcune considerazioni derivate dalla teoria dei giochi, vedi alla parte 5.4. (torna al testo)

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Ultimo aggiornamento
28 gennaio 2005

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